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FOTO CHIMICA E IMPRONTE DIGITALI
Una vita spezzata, esiste sempre un prima e un dopo. Questo in effetti è ciò che è successo a tutti quelli della mia generazione, che sono nati e si sono formati con la fotografia della pellicola, quella che sapeva di romantico, che è stata soppiantata negli ultimi tempi dall’avvento del digitale.
Si potrebbe obiettare che comunque la si voglia intendere, la fotografia quella è e non cambia, o perlomeno le nostre idee e la nostra capacità non devono essere influenzati dal tipo di supporto che la tecnologia mette, tempo per tempo, a disposizione.
Certo è che, se si vuole prescindere dalle varie tecniche utilizzate in fotografia dalla sua nascita fino ai nostri giorni, abbiamo vissuto, per più di 150 anni di fotografia chimica, sostanzialmente con gli stessi principi, sino alla rivoluzione digitale che ha soppiantato in poco tempo i vecchi metodi, innovando radicalmente le procedure, e non è ancora finita qui!
Prima, forse, proprio perché più “complicata”, se si riusciva ad entrare in perfetta sintonia, la fotografia rischiava di dare più soddisfazioni a chi la praticava, proprio perché non essendo così immediata come è diventata dal digitale in avanti, presupponeva più conoscenza, più voglia di capire.
Sostanzialmente, se diamo per scontato tutta la serie di ragionamenti che precedono un lavoro fotografico, dalla scelta dell’argomento, alle varie impostazioni di tempi di posa, diaframmi, esposimetri, messe a fuoco più o meno automatiche, sensibilità della pellicola, attività comuni anche per il digitale, la fotografia chimica era divisa in due tronconi, il primo finiva dopo aver scattato la fotografia, e senza nessuna possibilità di controllarne il risultato, si impacchettava il rullino, bisognava svilupparlo, stamparlo se era il caso, e solo in un secondo tempo si potevano vedere le immagini prodotte, ragionare, valutarne la bontà, e avanti di questo passo. Questo, se vogliamo, ben lontano da essere un impedimento poteva in un certo senso rappresentare un momento di riflessione positiva, la parte romantica, appunto; questo appuntamento a dopo rinnovava un piacere sottile, faceva rivivere e richiamava alla mente il momento e le sensazioni provate con la ripresa. Adesso, invece, con il supporto digitale di cui si dispone, i due momenti si fondono, siamo pertanto in grado di valutare immediatamente i risultati ottenuti, e, se qualche immagine non ci soddisfa, possiamo eliminarla seduta stante. Ugualmente positivo, certo, più confacente ai tempi, certo, ma molto più freddo, più distaccato.
In effetti, le nuove fotocamere, come quelle di qualche anno fa, per chi è in grado di districarsi tra le varie regolazioni, offrono le medesime impostazioni, restiamo pertanto ancora su un terreno conosciuto, anzi, quello che era un problema insormontabile ai tempi, la sensibilità della pellicola, ora è bellamente superato con la possibilità di regolarla in un attimo premendo un bottone. E non è poco.
Come si vede il prima e il dopo hanno equamente suddivisi i lati positivi e quelli negativi, se da una parte è svanita quell’aura romantica che è ancora viva nelle nostre menti, dall’altra abbiamo adesso a nostra disposizione mezzi che qualche tempo fa non potevamo neanche lontanamente immaginare. |
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L’INIZIO
Tutti, o quasi, i fotografi dei miei tempi hanno iniziato con una reflex usata, come si diceva, di seconda mano, è un classico, che riporta alla mente momenti difficili, quando le possibilità, anche economiche, non erano così esaltanti e bisognava in qualche modo risolvere il problema della macchina fotografica se si voleva entrare nel mondo della fotografia non proprio dalla porta secondaria. Touchè!...La mia era di terza mano!...Viva!
La mia prima macchina fotografica, per la verità, è stata una scatoletta marchiata Kodak a forma di parallelepipedo che usava pellicole in caricatori, ma è con essa che ho cominciato a sviluppare i primi negativi ed a stamparli con un marchingegno, credo sconosciuto ai più, che si chiamava bromografo, e che permetteva di ottenere stampe a contatto, non di più, ma vi garantisco che quello era, per i miei vent’anni, godimento allo stato puro!
Per tornare alla prima reflex, una EXAKTA VX 1000, tedesca, di una bruttezza senza ritegno, senza esposimetro e di una forma tanto strana quanto unica, ma di una qualità ottica e meccanica assolutamente indiscutibile, è con essa che ho realizzato i miei primi lavori fotografici.
Poi, dopo un intermezzo esplorativo nel formato 6x6 con una rudimentale russa e una copia, sempre russa e non molto ben riuscita, del primo modello di Hasselblad, sono arrivate le altre, Nikon di vari modelli, FM, F60, F3, F4 ed a seguire le digitali D70, D60…, ma questa è storia recente. |
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